30 novembre 2011
Il giorno 30 novembre 2011 alle ore 18,30, alla presenza del Vescovo mons. Giuseppe Pellegrini, del vicario generale mons. Basilio Danelon, del parroco don Dario Roncadin, dei sacerdoti della Diocesi e di numerosi fedeli si è svolta la cerimonia di dedicazione del Duomo.
Durante la cerimonia è stata data lettura da parte del vicario mons. Basilio Danelon del decreto Vescovile con il quale si dava testimonianza solenne all’avvenimento e veniva concesso l’onore di conservare nel nuovo altare le reliquie dei Santi Martiri Concordiesi e del patrono S. Andrea.
CENNI STORICI:
Inizio dei lavori: 30 novembre 1950.
Nel registro storico della parrocchia c’è questa breve pagina: “Giovedì 30 novembre 1950: festa di S. Andrea Apostolo, patrono della Parrocchia, e Anno Santo del Giubileo. Oggi s’è iniziato il lavoro delle fondamenta della nuova Chiesa Parrocchiale. Sicuri dell’aiuto di Dio, incoraggiati dalla fede e dal cuore dei cordovadesi, oggi iniziamo il cammino. Per le difficoltà del tempo presente potrà essere aspro e lungo, ma noi vi mettiamo la nostra indomabile volontà, e non ci fermeremo prima d’aver raggiunto il traguardo. Nobiscum Deus. La data d’oggi risponde al voto di almeno due generazioni, che la costruzione d’una nuova chiesa era sentita ed affermata indispensabile più di 50 anni or sono. Faccia Iddio che i cordovadesi si leghino alle pietre del nuovo edificio con la loro anima, per resistere al vento secco del materialismo che va compiendo da per tutto paurosi distacchi e per ricongiungersi al passato, che visse tutto nel respiro d’una fede meravigliosa.” Il Parroco: don Aldo Pagnucco.
Posa della prima pietra: 6 giugno 1954.
Nel pomeriggio, il Vescovo Vittorio De Zanche, dopo aver amministrato la Cresima nella parrocchiale, accompagnato dal clero, dalle autorità e dai fedeli, processionalmente si portò nel casale della canonica, per la posa della prima pietra. Di proposito si chiamò con notevole ritardo il Vescovo, perché avesse la soddisfazione di trovarsi dinanzi ad una creatura non nascente, ma già un po’ cresciuta, a dimostrazione della decisa volontà della popolazione di Cordovado. Il parroco diede lettura della pergamena, che poi venne firmata dal vescovo, dal clero, dai fabbricieri e dai proposti alla cosa pubblica.
“Per ottenere con maggior certezza la salvaguardia e la benevolenza di Dio, e per assicurare mediante la fede, in questi tempi tanto calamitosi e tristi, per sé e per le venture generazioni un avvenire e una salvezza perenne, i Cordovadesi, in unità di animo e di sacrificio, posero la prima pietra alla chiesa dedicata a S. Andrea Apostolo, reggendo la Chiesa di Cristo Pio XII, essendo Vescovo di Concordia Vittorio De Zanche. Sia per tutti madre di Vita. Duri eterna come le stelle.
6 giugno 1954”
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Ingresso nella nuova Chiesa: 24 luglio 1966.
L’avvenimento atteso dai cordovadesi di oggi e sognato dai nostri padri è divenuto realtà.
Oggi varchiamo la soglia del nuovo tempio, casa del Padre e dei figli, per sempre, per tutte le venture generazioni. Hic manebimus optime. Abbiamo voluto che la memorabile giornata avesse un carattere di assoluta semplicità; non cerimonie particolari, non manifestazioni, non intervento di autorità, all’infuori di quelle locali. Eccezionale festa di famiglia, sentita e vissuta in un clima di spiritualità, d’emozioni, d’indicibile soddisfazione.
Quando, però, in processione, per il solenne trasporto del Santissimo, si esce dall’antica parrocchiale per avviarsi al nuovo Duomo, nel cuore di tutti c’è anche un senso di profonda tristezza. Il distacco, l’addio definitivo alla vetusta e cara chiesa, alla madre nelle ore della gioia e dell’avversità, di quiete e di tempesta, alimentandone la fede, riesce a tutti difficile. Io non so dire se, dentro di me, fosse maggiore la gioia o il dolore. Sentii, però che il cuore mi si divideva in due. Pur andando nella casa ch’era la figlia, continuavo a rimanere anche con la madre. Imponente il numero dei fedeli presenti, anche di paesi vicini, ammirati e commossi.
Colpiscono la linea architettonica seria ed armoniosa, gli affreschi che danno all’interno un’intonazione di maestà, l’altar maggiore semplice ma solenne, il pregevolissimo tabernacolo, i gruppi del Costantini. Non c’era ancora il pezzo più bello, che sarebbe venuto nell’anno seguente, la monumentale porta in bronzo del Casarini.
La scuola di canto diretta dall’organista Carlo Ventoruzzo esegue la Missa pontificalis del Perosi.
Al Vangelo, il parroco sottolinea soprattutto che la nuova costruzione è merito esclusivo dei cordovadesi che, soli, senza alcun aiuto di altri, in mirabile unità di fede e di sacrificio, hanno saputo raggiungere il traguardo.
Nel pomeriggio, solenne Te Deum di ringraziamento. E a sera, una gustosa accademia di villotte friulane, di dialoghi composti per la circostanza, da parte delle Giovani di Azione Cattolica e della Scuola di canto.
Nel libro della sua storia, alle grandi pagine del passato Cordovado ne aveva inserita un’altra.
“CORDOVADO”
di mons. Aldo Pagnucco
Arti Grafiche Friulane - 1981
Presentazione dei
lavori eseguiti da parte dell'arch. Stefano Forte – 30 novembre 2011
Sicuramente i
cambiamenti che per la prima volta vedete questa sera non sono nati per un
vezzo del parroco, del progettista o semplicemente per cercare di abbellire la
chiesa in vista della sua dedicazione ma provengono direttamente dalle
indicazioni contenute nei documenti del Concilio Vaticano II che ha voluto un
profondo rinnovamento della Chiesa come Popolo di Dio ed anche di conseguenza
della casa in cui si trova a rinnovare ogni giorno il sacrificio eucaristico,
l’eterna alleanza tra Dio e i suoi figli.
Fino ad un paio
di settimane fa una persona che per la prima volta di avvicinava a questo
presbiterio percepiva uno spazio pieno, senza una precisa gerarchia degli
elementi in esso contenuti. Era una condizione certamente non voluta ma
venutasi a creare in parte dall’impostazione pre-conciliare dell’edificio e in
parte per l’amore dei fedeli che, nel tentativo di manifestare la propria
dedizione al luogo di culto hanno nel tempo riempito oltremodo lo spazio a
disposizione.
C’erano le
balaustre che, di fatto, delimitavano fisicamente e visivamente due spazi (aula
e presbiterio). Nascosto dietro le balaustre c’era l’ambone che in tal modo non
riusciva ad emergere ed acquisire la sua giusta importanza. La sede del
celebrante era costituita da tre belle sedie collocate sui gradini dell’altare
cosiddetto maggiore ed in asse con la custodia eucaristica. L’altare, pur
impreziosito dalle formelle in terracotta del Costantini, sembrava creato
proprio in funzione di sostegno delle decorazioni e non come mensa per la
celebrazione eucaristica. Infine, la giuste necessità di trovare una
collocazione ai Santi, testimoni di Cristo e della fede, aveva portato a
collocare, sempre sul presbiterio i simulacri di san Francesco e della Madonna
del Carmelo.
Questa opera è partita da questa situazione di sovrapposizione di significati e simboli, disomogeneità di elementi e soprattutto tenendo ben presente i documenti del Concilio Vaticano II° che rimettono al centro l’eucarestia nella vita dell’uomo e richiama tutti noi in quanto battezzati, ad essere sacerdoti e vera e propria assemblea celebrante. La celebrazione eucaristica non può essere nemmeno confusa in un semplice rito, una rappresentazione sacra in cui il sacerdote consacrato sia l’unico attore ed il presbiterio la scena teatrale.
Questa opera è partita da questa situazione di sovrapposizione di significati e simboli, disomogeneità di elementi e soprattutto tenendo ben presente i documenti del Concilio Vaticano II° che rimettono al centro l’eucarestia nella vita dell’uomo e richiama tutti noi in quanto battezzati, ad essere sacerdoti e vera e propria assemblea celebrante. La celebrazione eucaristica non può essere nemmeno confusa in un semplice rito, una rappresentazione sacra in cui il sacerdote consacrato sia l’unico attore ed il presbiterio la scena teatrale.
Ecco quindi che
abbiamo ricominciato da zero ricollocando in primo luogo l’altare che deve
essere il vero centro e cuore di tutto lo spazio celebrativo. Citando un
bellissimo scritto del 1123 dal Vescovo Bruno di Segni si dice:
“Nell’essere
umano il cuore è quello che l’altare è nella casa di Dio. Infatti su di esso,
quale altare, si compie il sacrificio di lode e di gioia, su di esso quale
altare noi celebriamo il memoriale del corpo e del sangue di Cristo.”
La sua dimensione
e forma è stata ricompattata e portata leggermente in avanti affinché potesse
emergere meglio ed essere facilmente riconoscibile come centro. È stato
nobilitato utilizzando un unico blocco di pietra viva, naturale, plasmata nei
millenni dalla natura e valorizzata dall’intervento dell’uomo, dell’artista che
ha cercato semplicemente di esaltarne la sua naturale bellezza e forza. Le
formelle, riutilizzate come segno di rispetto per la storia e l’arte di questa
chiesa, sono state collocate tutt’attorno all’altare in modo da non generare un
lato buono ed un retro. Avendole poi incassate nel blocco di pietra sono
diventate parte integrante dello stesso assecondandone la sinuosità delle
forme.
Poi l’ambone,
ovvero l’altare della Parola. Il Concilio ci ha ridato in mano la Bibbia per
portarla nel mondo ai nostri fratelli. Ecco allora l’avanzamento fin dentro
l’aula a memoria anche dell’antica tradizione della chiesa, anche della nostra
di Concordia e Aquileia, in cui l’ambone è cerniera e ponte verso Dio. Non più
un semplice leggio ma un luogo fisso, stabile e sacro, degno di ogni rispetto,
che sia in grado di “parlare” anche in assenza della celebrazione.
Infine la sede
del celebrante posizionata in modo da essere visibile e riconoscibile
dall’assemblea e possa essere riconosciuta come il luogo di colui che ci guida
e introduce al Mistero eucaristico.
Come potrete osservare tutti i nuovi elementi sono in relazione tra loro e sono stati ricavati da blocchi monolitici di travertino romano il quale è stato scavato e modellato sotto la guida dell’artista Raffaello Galiotto che ha condiviso con me questo progetto. È stato scelto il travertino perché era già presente nella pavimentazione ma soprattutto per il suo colore caldo le sue venature sempre diverse che riescono a dialogare in armonia con l’architettura esistente.
Come potrete osservare tutti i nuovi elementi sono in relazione tra loro e sono stati ricavati da blocchi monolitici di travertino romano il quale è stato scavato e modellato sotto la guida dell’artista Raffaello Galiotto che ha condiviso con me questo progetto. È stato scelto il travertino perché era già presente nella pavimentazione ma soprattutto per il suo colore caldo le sue venature sempre diverse che riescono a dialogare in armonia con l’architettura esistente.
Ancora oggi si
discute tra liturgisti, teologi e fedeli se sia stata una scelta del tutto
corretta quella di avere rivolto l’altare verso l’assemblea piuttosto che
rivolgerci tutti, compreso il sacerdote, verso il sole che sorge, Gesù Risorto.
Personalmente credo che questo non sia un problema in quanto Gesù è dentro di
noi, in mezzo a noi e questo altare non vuol essere nient’altro che la memoria
di questo: Gesù al centro.
Con l’adeguamento
liturgico del presbiterio è stato compiuto il primo e più importante passo
verso una revisione degli spazi celebrativi del nuovo Duomo. Il percorso è
stato tracciato ed ora, un passo per volta e senza fretta, si cercherà di
attuare tutto il progetto in modo che ogni spazio del nuovo tempio abbia il suo
significato e la sua funzionalità: si potrà riservare la cappella alla custodia
eucaristica, si dedicherà uno spazio votivo alla Madonna, il coro e l’organo
saranno parte integrante e guida per tutta l’assemblea.
I cambiamenti a
volte possono sembrare dolorosi ma sono utili per rinnovare il nostro impegno e
risvegliare la nostra fede.
Con il suo solito sorriso, ma con
una certa commozione, don Dario Roncadin, parroco di Cordovado dal 2002, ha
festeggiato domenica 4 dicembre, con una S.Messa, il suo 25° di sacerdozio
(7.12.1986, cattedrale di Concordia, vescovo mons. Abramo Freschi). Nelle sue
parole la gioia di essere prete, la storia della sua vocazione, il ricordo del
suo papà, la festa "dell’uomo che sa quanto sia dolce e faticoso seguire
quel Signore a cui hai donato la vita". E in chiesa, nel duomo, c’era
tutta la parrocchia a dire il suo grazie a don Dario, c’era la sua mamma con la
sorella ed il fratello, numerosi parenti, diverse persone giunte dai luoghi in
cui è stato pastore: Pordenone, Portogruaro, San Vito al Tagliamento, diversi
confratelli sacerdoti e diaconi, venuti tutti a far festa e con lui gioire per
rendere grazie, insieme, al Signore che lo ha chiamato al ministero. Ed il
Vicario generale, mons.Basilio Danelon, nell’omelia, ha sottolineato la
bellezza e la grandezza dell’essere sacerdote, le qualità umane e pastorali di
don Dario, di cui è stato assieme a mons.Pierluigi Mascherin educatore nei
tanti anni di Seminario, ed ha evidenziato la necessità della presenza del
prete in ogni comunità cristiana. Al termine della S.Messa, a nome del
Consiglio Pastorale e della comunità cristiana, Anita Dri, ha espresso stima,
riconoscenza ed affetto a don Dario, ha elencato le sue tante iniziative
pastorali, le attenzioni particolari verso gli ammalati, i giovani, i
sofferenti; ha sottolineato come la comunità cordovadese ami e stimi il suo
parroco ed ha auspicato che possa rimanere a Cordovado ancora per molti lunghi
anni. Il Sindaco, Francesco Toneguzzo, ha ringraziato don Dario per essere
guida sicura della comunità e soprattutto per essere a servizio dei cordovadesi
con umiltà, saggezza e con sempre generosa disponibilità. Ad attenderlo, dopo
la messa, sul sagrato, gli sbandieratori di Cordovado che hanno accompagnato il
parroco e tutti i fedeli in palestra dove insieme hanno pranzato e dove, a
sorpresa, don Dario ha rivisto, in una sequenza di fotografie, la sua vita.
25° Sacerdozio don Dario Roncadin
4 dicembre 2011